Se Internet a scuola, inteso come accesso alle informazioni presenti in rete, è una risorsa utile sotto vari aspetti, i social media, ovvero Facebook, Instagram, TikTok e YouTube, per citare i principali, possono diventare un’arma a doppio taglio per bambini e ragazzi. Da un lato, infatti, le varie piattaforme social hanno il pregio di mettere in comunicazione in tempo reale persone da tutto il mondo, promuovendo una cultura globale e dando libero spazio alla creatività individuale. Dall’altro, invece, le insidie che si nascondono tra i profili social sono tante, a partire dal cyberbullismo, dalla dipendenza con i relativi problemi di sonno e dall’ansia da like che possono spingere i più giovani a compiere azioni inopportune pur di ottenere approvazione e consenso virtuale.
La questione, in teoria, si pone dai 14 anni in su: in Italia la legge vieta la creazione di un profilo personale su app e social network al di sotto di questa età. Per i tredicenni c’è la possibilità di accedervi solo previa autorizzazione dei genitori. Quindi, per quel che riguarda l’universo della didattica, l’impiego dei social network a scuola riguarda le secondarie di secondo grado, comunemente dette superiori. Anche se, nella realtà dei fatti, i giovanissimi che frequentano le piattaforme social già a partire dai 10 anni sono tantissimi: secondo i dati raccolti nel 2019 da Osservare Oltre – Associazione Nazionale Presidi ed eTutorweb per il Tg3, l’84% dei ragazzi tra i 10 e i 14 anni aveva già un profilo social. E si può ragionevolmente ipotizzare, in attesa di dati certi, che con le restrizioni dovute alla pandemia e l’accesso prematuro a dispositivi e rete per seguire la DAD, la percentuale di under 14 connessi a un social network sia cresciuta esponenzialmente negli ultimi due anni.
Discorso a parte lo merita il social learning che, seppur rimandi semanticamente all’utilizzo dei social, in realtà è l’applicazione e l’attualizzazione di una nota teoria della psicologia cognitiva risalente agli Anni ‘70 agli strumenti oggi disponibili in rete, come appunto i social network, concepiti come luoghi di socializzazione.
Cos’è il Social Learning?
Con Social Learning si intende, a livello accademico, l’approccio alla formazione che si basa sulla teoria dell’apprendimento sociale (o teoria dell’apprendimento per imitazione), formulata dallo psicologo sociale canadese Albert Bandura, docente dell’Università di Stanford. Secondo la teoria di Bandura, si impara osservando, ascoltando e agendo tra pari. Le nozioni apprese attraverso questi stimoli vengono immagazzinate nel cervello, pronte per essere utilizzate all’occorrenza. Non si tratta però solo di imitazione, è un processo cognitivo complesso che coinvolge vari aspetti dell’individuo.
Molto utilizzata nella formazione e nell’aggiornamento professionale, può essere applicata anche in ambito scolastico attraverso le piattaforme di Social Learning come Google Classroom e integrata con quelle di e-Learning come Edmodo.
I social media dovrebbero essere permessi a scuola?
Chiarita l’applicazione del social learning e l’impiego dei social network a scuola, rimane il dilemma: è giusto utilizzare piattaforme come Facebook e Tik Tok a scuola per fini didattici? La discussione è aperta, come per ogni novità ci sono pro e contro che vanno attentamente esaminati.
L’utilizzo delle piattaforme social a scuola ha sicuramente una grossa valenza per quel che riguarda l’acquisizione delle competenze digitali per i ragazzi. E un’educazione all’utilizzo consapevole della rete in generale, dei suoi vantaggi e dei rischi è un argomento che la scuola deve affrontare, come previsto nel Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) contenuto nel decreto “Buona scuola” del Ministero dell’Istruzione. Proprio a tal proposito, l’aggiornamento 2.1 del framework europeo DigComp 2.0 pubblicato dal Centro di Ricerca europeo fornisce le indicazioni per le 21 competenze digitali dei futuri cittadini digitali e pone l’accento sulla complessità del tema. Alla nuova scuola tecnologica spetta dunque il compito di insegnare ai giovani a “nuotare nell’oceano digitale”.
La metafora dell’oceano utilizzata dai ricercatori rende bene l’idea della vastità dell’argomento. Non si tratta solo di saper usare un computer connesso alla rete e di saper “pescare” dalla rete le informazioni, ma di imparare a distinguere le fake news dalle fonti affidabili, di utilizzare le piazze virtuali in maniera consapevole, di proteggere la propria identità digitale e la privacy, di riconoscere i rischi legati all’utilizzo della rete e di sviluppare competenze per affrontare il futuro mondo del lavoro sempre più legato alle tecnologie.
Sono cinque le aree tematiche individuate dal documento europeo:
- Informazione e data literacy. Si tratta di competenze utili ad identificare, localizzare, recuperare, conservare, organizzare e analizzare le informazioni digitali, giudicare la loro importanza e lo scopo. Quindi navigare, ricercare e filtrare dati, informazioni e contenuti digitali, valutarli e gestirli.
- Comunicazione e collaborazione. Quest’area si riferisce alle competenze utili a comunicare negli ambienti digitali, condividere risorse, collegarsi con gli altri e collaborare attraverso gli strumenti digitali, interagire e partecipare alle comunità e alle reti. Include la capacità di gestire la propria identità digitale e la conoscenza della Netiquette, ovvero del Galateo di Internet.
- Creazione di contenuti digitali. Include le competenze necessarie a creare e modificare nuovi contenuti, testi, immagini e video; integrare e rielaborare le conoscenze e i contenuti, anche multimediali; conoscere e applicare licenze e Copyright. Quest’area prevede anche competenze di programmazione.
- Sicurezza. Include la protezione dei dati e dell’identità digitale, le misure di sicurezza e la consapevolezza per un uso sicuro e sostenibile della tecnologia. In particolare, riguarda la protezione dei dispositivi, della privacy, della salute e dell’ambiente.
- Problem solving. In questa area di competenze sono inserite quelle utili ad identificare i bisogni e le risorse digitali, prendere decisioni consapevoli sugli strumenti appropriati a seconda di scopo o necessità, risolvere problemi concettuali, utilizzare creativamente le tecnologie, risolvere problemi tecnici, aggiornare le proprie competenze.
Vantaggi e svantaggi dei social media a scuola
I social media fanno ormai parte della nostra vita quotidiana come la televisione. Presenti in tutti gli smartphone, eternamente connessi alla rete, i ragazzi sono “always-on”, ovvero sempre presenti online, collegati a distanza con gli amici e con sconosciuti sparsi per il mondo.
Come accennato in apertura, questo fenomeno globale è sicuramente una spinta verso una società senza confini e un’opportunità di conoscere culture differenti, mode e abitudini di luoghi lontani migliaia di chilometri senza spostarsi fisicamente dalla propria città. I social, inoltre, sono una grande tavolozza su cui ogni ragazzo può dipingere la propria personalità, esprimere la sua creatività e acquisire quelle competenze digitali che abbiamo menzionato sopra. L’ingresso della tecnologia a scuola, e di conseguenza dei social, è dunque inevitabile. Non resta che regolamentarne l’impiego ed istruire gli alunni sul corretto utilizzo. D’altronde, come per ogni cosa, vantaggi e svantaggi dipendono dall’utilizzo che se ne fa. E la consapevolezza, l’educazione, la formazione, sono le premesse per poter affrontare serenamente la giungla dei social network, anche a scuola.
Usare i social media a scuola può essere uno stimolo nella creazione di contenuti multimediali didattici, nella condivisione con i compagni e le famiglie. I social parlano il linguaggio dei ragazzi e saperli usare in chiave didattica significa comunicare meglio con loro e rendere le lezioni più efficaci. Come? Ad esempio, si può creare una pagina Facebook con la classe social, magari per una materia specifica, lasciando che gli studenti la popolino di contenuti multimediali collegati al percorso di studi. O ancora, invitare gli alunni a realizzare un breve video TikTok sulla sintesi di una lezione, trasformare Instagram in un luogo di sperimentazione per le arti visive e la trasposizione dei contenuti, assegnare compiti multimediali.
Per concludere, quello della scuola social è un universo tutto da esplorare e anche i docenti in questo sono chiamati ad esprimere le loro competenze unite alla creatività; vanno ripensati i metodi di insegnamento e con Internet a scuola si aprono scenari nuovi. Multimedialità, creatività e competenza: queste sono le parole chiave del futuro della scuola tecnologica. Partecipa al nuovo sondaggio su tecnologia e scuola in Italia 2021/2022
Il tuo contributo è prezioso
Per saperne di più sul mondo Promethean per la scuola: