La riforma degli ITS: innovazione e competitività

classroom differentiation

Published: Agosto 1st, 2022

Gli Istituti Tecnici Superiori, sicuramente il miglior frutto nato negli ultimi decenni sull’albero dell’istruzione – e infatti diventati uno dei punti qualificanti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – sono stati riformati e sono diventati Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy). Con l’approvazione in terza lettura da parte della Camera dei deputati, la riforma è infatti diventata legge. Riformati perché? In sintesi, per rilanciare il Paese rendendo la formazione terziaria professionalizzante più attrattiva per i giovani, garantendo un rapporto diretto con i territori e i tessuti produttivi. Ogni ITS Academy farà riferimento a una delle specifiche aree tecnologiche che saranno definite per decreto. L’offerta didattica sarà finalizzata alla formazione di elevate competenze nei settori strategici per lo sviluppo del Paese, coerentemente con l’offerta lavorativa dei rispettivi territori, come la sicurezza digitale, la transizione ecologica, le infrastrutture per la mobilità sostenibile. In altre parole, si cerca di ridurre la difficoltà cronica nell’unire scuola e lavoro, di seguire i movimenti in atto nel mondo del lavoro, di restringere il disallineamento tra ciò che cercano le aziende e la formazione in uscita dalla scuola: il mismatch, secondo i dati di Unioncamere, arriva al 69% per i profili informatici richiesti dalle aziende. L’Italia, pur essendo tra le prime potenze economiche al mondo, la seconda in export e manifatturiero in area EU, ha uno dei tassi di disoccupazione tra i più alti, mentre le aziende hanno difficoltà a trovare, in media, il 39% del personale che cercano.

È vero che è inimmaginabile la quantità e il tipo di nuovi lavori che potranno fare in futuro i ragazzi che oggi sono tra i banchi di scuola. Ma è vero anche che in questa società liquida, dove tutto cambia rapidamente, qualche certezza c’è. Poche, vero. Una di queste è che  gli ITS, a undici anni dalla loro nascita, hanno dimostrato di funzionare in termini di occupabilità. Se guardiamo i dati del monitoraggio nazionale 2022 vediamo che, nonostante la pandemia, su 5.280 diplomati, l’80% (4.218) ha trovato un’occupazione nel 2021. Bene, quindi, l’ampliamento dell’offerta formativa prevista nella riforma con l’obiettivo di raddoppiare il numero degli iscritti. La riforma si può definire un passo avanti per il sistema di istruzione e per il nostro sviluppo industriale.

Nell’Italia del secondo dopoguerra, la formazione tecnica e professionale ha permesso al Paese di rinascere. A volte bisogna guardare nel passato per trovare soluzioni per il futuro: se torniamo con la mente a quegli anni ci troviamo di fronte ad un’Italia alle prese con la ricostruzione, con molti disoccupati ed un tasso di scolarizzazione basso perché la scuola dell’obbligo terminava, all’epoca, in quinta elementare. Diremmo oggi, c’era una emergenza occupazionale: pochi posti, tanta gente a spasso. Era difficile trovare chi avesse una qualificazione professionale, così come oggi, nonostante la scolarizzazione sia cresciuta, è difficile per le aziende trovare persone già formate da assumere.  Ecco, dunque, che ne ’49 si fece una legge per l’avviamento al lavoro, seguita nel ’55 dalla legge sull’apprendistato. Negli anni Sessanta si consolidò questo sistema di addestramento professionale, con l’entrata in gioco delle Regioni alle quali vennero trasferite le competenze per l’organizzazione e la gestione del sistema di addestramento professionale che si sviluppò nel decennio successivo, negli anni ’70 fino appunto, fino alla prima legislazione organica nel ‘78.  Allora come oggi, la trasformazione sociale e gli alti livelli di disoccupazione trovarono risposta nel segmento capace di legare istruzione e lavoro.  Con la riforma, si hanno due livelli di percorsi formativi:  un quinto livello EQF (European Qualification Framework – EQF) di durata biennale, ed un sesto livello EQF di durata triennale. Attività teoriche, pratiche e di laboratorio vengono organizzate in semestri da docenti provenienti, per  almeno il 60%, dal mondo del lavoro. Agli studenti sono garantiti stage aziendali e tirocini formativi, obbligatori almeno per il 35% del monte orario, anche all’estero, e con borse di studio. È chiaro quindi quanto gli ITS siano fondamentali per il rilancio dell’Italia: ai nuovi ITS Academy è affidato il compito di sostenere lo sviluppo economico, la competitività del sistema produttivo del Paese e la diffusione della cultura dell’innovazione scientifica e tecnologica.